La Lunigiana è una regione storica appartenente alla Toscana, in parte alla Liguria e in parte minore all’Emilia, e si compone di 25 comuni. Prende il nome dall'antica città di Luni e i suoi confini non sono precisi, si pensa sia compresa entro una linea che, partendo dalla costa presso Moneglia e attraversando il Passo del Bracco, raggiunga quello di Cento Croci, segua quindi crinale appenninico fino l Passo del Cerreto e al Monte Belfiore scenda nuovamente al mare. Nel territorio sono abbondanti le colture di viti, ulivi e cereali ed è ampiamente praticato l’allevamento.
La Lunigiana non ha mai avuto un governo a sè né un' amministrazione propria, ma su di lei hanno signoreggiato le repubbliche ed i governi di Genova, Pisa, Firenze e di Lucca, i Visconti, i Rossi di Parma e gli Sforza, i Fieschi ed i Centurioni, i Doria e gli Spinola , i vescovi di Luni ed i Malaspina, i Campofregoso, i Cybo, i Napoleonidi, i reali di Savoia, i Borboni e gli Estensi. La Lunigiana dunque non è una denominazione amministrativa, ma è una regione storico-geografica, di cui è davvero difficile segnare i confini.
La Lunigiana storica comprendeva una vasta area geografica corrispondente a tutto il bacino del fiume Magra, la Val di Vara, territori dell’alta Garfagnana, della montagna parmense e la fascia costiera da Marina di Pietrasanta fino a Framura; area che si identificava con il territorio dell’antica diocesi di Luni a sua volta ricalcante il municipium romano. La Lunigiana era priva di centri urbani ma soggetta alle mire di alcuni grandi città come Genova e Lucca, Pisa e Firenze e anche città padane quali Modena e Parma. Vi era la presenza di un’agguerrita feudalità sostenuta particolarmente dai marchesi Malaspina.
Nel XIII secolo il territorio lunense era teatro delle contese tra i vescovi conti di Luni e i Malaspina, i grandi feudatari di stirpe obertenga, che ebbero origine da Oberto, conte di Luni e marchese della Liguria Orientale. I possedimenti della famiglia, all’origine comprendenti la Toscana settentrionale, parte della Liguria e della Lombardia, si erano ristretti progressivamente e i Malaspina, dalla loro sede nel Castello di Oramala in val di Staffora, erano rifluiti nei possedimenti di Lunigiana che si trovarono a dover dividere con i vescovi di Luni. La convivenza tra il potere dei Malaspina e quello dei vescovi portò a frequenti conflitti perché i vescovi cominciarono ben presto a cercare di prevalere sui Malaspina che oltretutto subì anche una frammentazione della casata in vari rami, portando così ad una frammentazione politica e amministrativa del territorio e favorendo le intromissioni di potenti città come Milano, Genova o Firenze.
Lo scontro fra vescovi e marchesi fu inevitabile per ragioni di preminenza politica e per interessi economici; entrambi avevano infatti feudi e beni immobili distinti, ma in molti casi i possessi erano mescolati. La lotta per il predominio territoriale venne combattuta in merito a rivendicazioni giuridiche, allo stringere alleanze con le signorie locali e allo allargare la propria influenza sul territorio, ragion per cui finirono spesso per scoppiare delle guerre. Con questi continui scontri e sovrapposizioni delle giurisdizioni e dei poteri è difficile tracciare i confini tra le terre dei marchesi e quelle vescovili, anche se, approssimativamente, le prime si trovavano nell’altra e media valle della Magra e tra le montagne che la fiancheggiano, le seconde nella bassa val di Magra, dalle foci a Pietrasanta. La famiglia Malaspina, le cui fortune andarono consolidandosi con il declino dell’autorità vescovile, non seppe però conservare intero tutti i territori di cui era entrata in possesso, applicando la successione feudale, almeno fino al XVI secolo, e la legge longobarda, secondo la quale tutti i discendenti maschi succedevano nel feudo e nel titolo.
Con atto stipulato il 24 agosto 1221 nella chieda di S. Andrea di Parma, avvenne la prima e più importante divisione dei beni della famiglia fra Corrado – cui andarono le terre a sinistra della Magra più Villafranca, con capoluogo a Mulazzo – che diede origine al ramo dello Spino Secco, e Opizzino – cui andarono le terre a sinistra della Magra con capoluogo a Filattiera – capostipite dello spino fiorito. A questo seguirono altri frazionamenti da cui nacquero alcuni tra i marchesati più importanti, come quello di Mulazzo o Olivola . Per tutta questa serie di motivi quando si parla di Lunigiana storica si fa riferimento a feudi, comuni rurali e borghi ma non a città. Il potere comitale apparteneva ai vescovi lunensi per concessione di Federico I, che nel 1189 conferì al vescovo Pietro con solenne diploma il comitatum lunensem cum omni integritate honoris sui (Con tutto il suo onore, l'integrità della contea Lunense), il ripatico sul porto di Luni e sul porto di Ameglia e il pedaggio sulla via Francigena, confermandogli i possessi in un successivo diploma nel 1184.
I vescovi di Luni fondarono sui diplomi federiciani le loro aspirazioni all’egemonia nell’ambito della diocesi, toccando il culmine del loro potere nel XII. All’inizio del secolo, il vescovo Gualterio trasportò la sede vescovile da Luni a Sarzana, promosse l’incastellamento delle popolazioni rurali e dettò gli statuti destinati a tutte le terre di sua giurisdizione. Anche se esistono statuti precedenti, è proprio con quelli statuti promossi da Gualterio nel XII secolo che si avviò un’intensa produzione di questi testi che regolano le abitudini delle comunità dei soldati e del popolo soggette al potere vescovile. Proprio in forza del potere comitale, i vescovi si fecero promotori della creazione di comuni rurali e castelli, cosa che in Lunigiana subì un incremento a cavallo tra il XI e XII secolo, diventando l’arma principale con cui vescovi e i Malaspina conducevano la lotta per il predominio territoriale. Riunire la popolazione entro una zona fortificato significava, infatti, una maggiore possibilità di dominio sugli uomini.
Nei primi decenni del XV secolo la figura di Castruccio Castracani degli Anteliminelli dominava in Lunigiana; divenuto signore di Lucca, assunse due importanti funzioni: quella di difensore dei diritti lucchesi in Val di Magra e, dal 1314, quella di visconte del vescovato di Luni. Divenne signore di quasi tutto l’antico comitato lunense finendo però per scontrarsi con Spinetta Malaspina, che deteneva vasti territori nella regione. A Castruccio premeva riconquistare i castelli della Verrucola e di Fosdinovo che, passati a Lucca negli anni novanta del ‘200, erano di nuovo in mano ai Malaspina. Il fatto che Spinetta fosse, come lui, tra i più importanti esponenti di parte ghibellina, amico e protetto degli Scaligeri, gli imponeva di agire con cautela; infatti, nel dichiarare guerra a Spinetta l’8 giugno 1319, sostenne diplomaticamente di agire non di propria iniziativa ma per ordine dei Dieci Savi che, quale capitano generale del comune, gli imponevano di recuperare i diritti lucchesi nella zone.
Spinetta fu sconfitto e costretto a rifugiarsi nel Veronese perdendo tutti i domini in Lunigiana e Garfagnana, che recuperò soltanto all’indomani della morte di Castruccio. Nel frattempo i Malaspina, sempre più numerosi e ma sempre più poveri, riuscirono, grazie alla posizione eccentrica e marginale della Lunigiana, a ritagliarsi un proprio spazio e a mantenere una pur se precaria autonomia, la cui legittimità si fondava su dirette investiture imperiali. Della loro debolezza approfittarono le città vicine, e alla metà del ‘400, mentre l’alta valle della Magra e Pontremoli erano sotto il controllo di Milano, la bassa valle si trovava sotto l’influenza della Repubblica Fiorentina e Sarzana nelle mani dei Campofregoso.